Rojava Information Center: Stato dell’occupazione – Documentazione sugli abusi e le violazioni dei diritti nelle regioni del nord-est della Siria occupate dalla Turchia

Invito alla lettura

Il mestiere delle armi: mercenari, contractors e sultani

L’utilizzo di forze armate irregolari non è certo una novità. Basta fare l’esempio dei Goumier[1] utilizzati dai francesi in gran numero durante la seconda guerra mondiale ed alle migliaia di stupri che colpirono donne, uomini e bambini in giro per l’Italia mentre avanzavano insieme alle truppe che hanno sconfitto il nazi-fascismo.

Truppe irregolari sono ancora impiegate principalmente da USA, Russia, Gran Bretagna, Australia quasi sempre in operazioni “coperte”, cioè non ufficiali e quindi senza responsabilità della linea di comando del governo che fa da mandante. Con un giro di affari di oltre 100 miliardi di euro e organizzate in Agenzie i[2] come la Blackwater di matrice USA[3] , distintasi nella guerra in Iraq nel 2007, quando durante  un semplice spostamento, per salvaguardare la propria sicurezza, provocarono un  “incidente di fuoco a Baghdad in cui 17 iracheni, di cui almeno 14 civili, rimasero uccisi. Naturalmente anche i russi non sono da meno con truppe come quella dei Rangers Group[4] , utilizzata proprio in Siria in appoggio al regime siriano e morti a centinaia durante un conflitto del 2018 con i militari USA.

Con una notevole dose di ipocrisia, sono state definite delle norme[5] relative all’utilizzo di questo personale militare e fra queste che non sia “cittadino di una Parte in conflitto, né residente di un territorio controllato da una Parte in conflitto”.  La Turchia, ma questo sistema crediamo sia estensibile ad altri paesi del Medio Oriente, segue un modello completamente diverso in cui il requisito principale è l’adesione di ogni mercenario alla visione turca che mira alla restaurazione dell’impero ottomano e in nome di questo interviene, non solo militarmente in altri stati. Insieme ai militari “mercenari” disloca popolazione composta anche dalle famiglie dei mercenari nei territori che occupa. Dal 2018, invasione di Afrin, questa strategia è stata perseguita costantemente e solo il contrasto con e fra Russia, Regime siriano e Usa ha impedito che tutta la striscia di 400 km di lunghezza per 30 di larghezza, al confine fra Siria e Turchia portasse all’occupazione di un quarto della Siria del nord-est e quindi delle maggiori città curde, fra cui. Kobane e Qamishlo.

Se formalmente il territorio siriano occupato è governato da “consigli amministrativi” locali e Commissari Turchi, in molti di questi territori è prevalente la “legge della milizia”.  Il territorio occupato da ogni milizia diventa una sorta di feudo, tanto che in alcuni casi il capo della milizia si è auto-nominato “sultano, e nel quale le risorse, del territorio e degli abitanti, sono oggetto di rapina, saccheggio ed estorsione. Un modello di guerra medioevale, in cui il “bottino” di guerra è esteso nel tempo e per la durata dell’occupazione. Questo è coerente con la politica di intimidazione verso quelle persone che non accettano il dominio turco e la sua politica di assimilazione alla presunta “identità” dello stato-nazione turco, cuore del rinascente impero ottomano.

Molti esponenti di queste milizie provengono da anni di vita mercenaria con altri sponsor (es. l’Arabia Saudita. Qatar, Oman) e con altre milizie. Molti dalle zone in cui esponenti ISIS e famiglie sono stati ricollocati dopo le sconfitte come quella di Raqqa. La Turchia, oltre ad avere il secondo esercito più grande della NATO con un milione di combattenti, ha anche il più grande “esercito mercenario di riserva”, con truppe che si stima vadano da 40mila a 100mila persone. E’ noto che queste sono state impiegate anche in Libia, in Ucrania e in Azerbaijan e si può ritenere che presto saranno impiegate in Afganistan, dove la Turchia promette di portare la “pace islamica”. sul modello di quella di Afrin.

L’insostenibile leggerezza delle Commissioni sui Diritti Umani di ONU e Parlamento Europeo e della “postura umanitaria” del nostro Ministro degli esteri

I rapporti dei RIC sono da anni disponibili on line e citano spesso fonti “ufficiali”, come le diverse indagini della Commissione Diritti Umani dell’ONU, che da tempo hanno denunciato le violazioni ed i crimini di guerra delle truppe regolari o meno impiegate in Siria. Tuttavia, nessuna risoluzione è stata approvata dalle Nazioni Unite finalizzata a imporre sanzioni a chiare violazioni del diritto internazionale e in primo luogo all’’occupazione di porzioni dello stato siriano. Basta il veto della Russia, a cui spesso si accoda la Cina, per fermarle. In un gioco delle parti, gli USA vanno in soccorso delle Turchia, alleato NATO, per “sottrarlo all’influenza russa”.

Allora: cosa ci stanno a fare le convenzioni internazionali, le commissioni diritti umani e le tante organizzazioni che si occupano di diritti umani che vi collaborano?  Si direbbe per “lavarsi la coscienza”; ognuno fa la propria parte e pubblica mega-rapporti, fa conferenze ecc. partecipando ad un circo mediatico che non sposta di un millimetro la situazione sul campo.

Campione di questa “ginnastica parolaia” è il nostro petulante Ministro degli Esteri che incontra, prima di ogni operazione, incontra il Ministro degli esteri turco. E’ successo con impiego dei militari turchi in Libia, l’invasione di Afrin, ecc., sostenendo che la collaborazione con la Turchia consente all’Italia di mantenere una “postura umanitaria”, lasciando alla Turchia il ruolo militare sul campo, quasi che il suo esercito e milizie fossero le “proxi” su mandato del governo italiano[6],

Gli amici e le amiche delle Montagne

Da tempo i curdi affermano che i loro solo amici sono le montagne. Lo dicono da quando una certa sinistra europea salottiera e tastierista storceva il naso perché gli USA aiutavano i curdi bombardando sporadicamente i miliziani di ISIS. I curdi hanno subito evidenziato che una simile alleanza era innaturale e sarebbe terminata con la fine della fase acuta del conflitto con ISIS.

E infatti, gli USA e la succube coalizione hanno lasciato in eredità decine di migliaia di miliziani ISIS e famiglie prigionieri in enormi campi  profughi, terreno di coltura di ulteriore integralismo. Altre migliaia sono stati portati in territori siriani come Idlib, sotto il controllo turco e da là si sono riorganizzati confluendo nelle milizie proxi di Erdogan. La Coalizione cosa si aspettava? Cosa potevano fare se non mettersi sotto un nuovo padrone che garantiva stipendio, incrementabile con ruberie ed estorsioni, terre a case per la propria famiglia e impunità?

Le montagne, amiche dei curdi, devono a loro volta avere amici che le frequentino e le raccontino. Le loro voci risuonare fra i solidali e fino alle cancellerie, alle Commissioni, ai mezzi di comunicazione meanstream. Gli attivisti hanno quindi un ruolo unico e determinante e anche per questo il loro ingresso in territorio siriano, turco, iracheno è impedito in tutti i modi possibili, persino con arresti preventivi anche da parte dei paesi occidentali.

E tuttavia, anche bloccare una delegazione di solidali proveniente da diversi paesi europei e composta da centinaia di persone, come accaduto a giugno-luglio 2021 produce quel “rumore di fondo” che ostacola la possibilità di fare operazioni belliche su larga scala e mette governi e istituzioni occidentali nell’imbarazzante situazione per la quale “non possono dire di non sapere”.

Questa attività di documentazione si inserisce quindi in un processo finalizzato ad una attivazione consapevole e costante per salvaguardare un’esperienza unica e concreta di una società reale, faro che illumina la strada di possibili percorsi di costruzione di una società futura, mentre noi vagheggiamo da decenni quella possibile.


[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Goumier

[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Compagnia_militare_privata

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Academi

[4] https://russianpmcs.csis.org/

[5] I Protocollo aggiuntivo delle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1977, che lo definisce tramite 6 condizioni, tre positive e ed altrettante negative:
a) che sia appositamente reclutata, localmente o all’estero, per combattere in un conflitto armato;
b) che di fatto prenda parte diretta alle ostilità;
c) che prenda parte alle ostilità spinta dal desiderio di ottenere un profitto personale, e alla quale sia stata effettivamente promessa, da una Parte in conflitto o a suo nome, una remunerazione materiale nettamente superiore a quella promessa o corrisposta ai combattenti aventi rango e funzioni similari nelle forze armate di detta Parte;
d) che non sia cittadino di una Parte in conflitto, né residente di un territorio controllato da una Parte in conflitto;
e) che non sia membro delle forze armate di una Parte in conflitto; e (si noti, “e”)
f) che non sia stato inviato da uno Stato non Parte nel conflitto in missione ufficiale quale membro delle forze armate di detto Stato.

[6] https://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/interviste/intervista-del-ministro-di-maio-a-il-foglio.html

Invito alla lettura

Il mestiere delle armi: mercenari, contractors e sultani

L’utilizzo di forze armate irregolari non è certo una novità. Basta fare l’esempio dei Goumier[1] utilizzati dai francesi in gran numero durante la seconda guerra mondiale ed alle migliaia di stupri che colpirono donne, uomini e bambini in giro per l’Italia mentre avanzavano insieme alle truppe che hanno sconfitto il nazi-fascismo.

Truppe irregolari sono ancora impiegate principalmente da USA, Russia, Gran Bretagna, Australia quasi sempre in operazioni “coperte”, cioè non ufficiali e quindi senza responsabilità della linea di comando del governo che fa da mandante. Con un giro di affari di oltre 100 miliardi di euro e organizzate in Agenzie i[2] come la Blackwater di matrice USA[3] , distintasi nella guerra in Iraq nel 2007, quando durante  un semplice spostamento, per salvaguardare la propria sicurezza, provocarono un  “incidente di fuoco a Baghdad in cui 17 iracheni, di cui almeno 14 civili, rimasero uccisi. Naturalmente anche i russi non sono da meno con truppe come quella dei Rangers Group[4] , utilizzata proprio in Siria in appoggio al regime siriano e morti a centinaia durante un conflitto del 2018 con i militari USA.

Con una notevole dose di ipocrisia, sono state definite delle norme[5] relative all’utilizzo di questo personale militare e fra queste che non sia “cittadino di una Parte in conflitto, né residente di un territorio controllato da una Parte in conflitto”.  La Turchia, ma questo sistema crediamo sia estensibile ad altri paesi del Medio Oriente, segue un modello completamente diverso in cui il requisito principale è l’adesione di ogni mercenario alla visione turca che mira alla restaurazione dell’impero ottomano e in nome di questo interviene, non solo militarmente in altri stati. Insieme ai militari “mercenari” disloca popolazione composta anche dalle famiglie dei mercenari nei territori che occupa. Dal 2018, invasione di Afrin, questa strategia è stata perseguita costantemente e solo il contrasto con e fra Russia, Regime siriano e Usa ha impedito che tutta la striscia di 400 km di lunghezza per 30 di larghezza, al confine fra Siria e Turchia portasse all’occupazione di un quarto della Siria del nord-est e quindi delle maggiori città curde, fra cui. Kobane e Qamishlo.

Se formalmente il territorio siriano occupato è governato da “consigli amministrativi” locali e Commissari Turchi, in molti di questi territori è prevalente la “legge della milizia”.  Il territorio occupato da ogni milizia diventa una sorta di feudo, tanto che in alcuni casi il capo della milizia si è auto-nominato “sultano, e nel quale le risorse, del territorio e degli abitanti, sono oggetto di rapina, saccheggio ed estorsione. Un modello di guerra medioevale, in cui il “bottino” di guerra è esteso nel tempo e per la durata dell’occupazione. Questo è coerente con la politica di intimidazione verso quelle persone che non accettano il dominio turco e la sua politica di assimilazione alla presunta “identità” dello stato-nazione turco, cuore del rinascente impero ottomano.

Molti esponenti di queste milizie provengono da anni di vita mercenaria con altri sponsor (es. l’Arabia Saudita. Qatar, Oman) e con altre milizie. Molti dalle zone in cui esponenti ISIS e famiglie sono stati ricollocati dopo le sconfitte come quella di Raqqa. La Turchia, oltre ad avere il secondo esercito più grande della NATO con un milione di combattenti, ha anche il più grande “esercito mercenario di riserva”, con truppe che si stima vadano da 40mila a 100mila persone. E’ noto che queste sono state impiegate anche in Libia, in Ucrania e in Azerbaijan e si può ritenere che presto saranno impiegate in Afganistan, dove la Turchia promette di portare la “pace islamica”. sul modello di quella di Afrin.

L’insostenibile leggerezza delle Commissioni sui Diritti Umani di ONU e Parlamento Europeo e della “postura umanitaria” del nostro Ministro degli esteri

I rapporti dei RIC sono da anni disponibili on line e citano spesso fonti “ufficiali”, come le diverse indagini della Commissione Diritti Umani dell’ONU, che da tempo hanno denunciato le violazioni ed i crimini di guerra delle truppe regolari o meno impiegate in Siria. Tuttavia, nessuna risoluzione è stata approvata dalle Nazioni Unite finalizzata a imporre sanzioni a chiare violazioni del diritto internazionale e in primo luogo all’’occupazione di porzioni dello stato siriano. Basta il veto della Russia, a cui spesso si accoda la Cina, per fermarle. In un gioco delle parti, gli USA vanno in soccorso delle Turchia, alleato NATO, per “sottrarlo all’influenza russa”.

Allora: cosa ci stanno a fare le convenzioni internazionali, le commissioni diritti umani e le tante organizzazioni che si occupano di diritti umani che vi collaborano?  Si direbbe per “lavarsi la coscienza”; ognuno fa la propria parte e pubblica mega-rapporti, fa conferenze ecc. partecipando ad un circo mediatico che non sposta di un millimetro la situazione sul campo.

Campione di questa “ginnastica parolaia” è il nostro petulante Ministro degli Esteri che incontra, prima di ogni operazione, incontra il Ministro degli esteri turco. E’ successo con impiego dei militari turchi in Libia, l’invasione di Afrin, ecc., sostenendo che la collaborazione con la Turchia consente all’Italia di mantenere una “postura umanitaria”, lasciando alla Turchia il ruolo militare sul campo, quasi che il suo esercito e milizie fossero le “proxi” su mandato del governo italiano[6],

Gli amici e le amiche delle Montagne

Da tempo i curdi affermano che i loro solo amici sono le montagne. Lo dicono da quando una certa sinistra europea salottiera e tastierista storceva il naso perché gli USA aiutavano i curdi bombardando sporadicamente i miliziani di ISIS. I curdi hanno subito evidenziato che una simile alleanza era innaturale e sarebbe terminata con la fine della fase acuta del conflitto con ISIS.

E infatti, gli USA e la succube coalizione hanno lasciato in eredità decine di migliaia di miliziani ISIS e famiglie prigionieri in enormi campi  profughi, terreno di coltura di ulteriore integralismo. Altre migliaia sono stati portati in territori siriani come Idlib, sotto il controllo turco e da là si sono riorganizzati confluendo nelle milizie proxi di Erdogan. La Coalizione cosa si aspettava? Cosa potevano fare se non mettersi sotto un nuovo padrone che garantiva stipendio, incrementabile con ruberie ed estorsioni, terre a case per la propria famiglia e impunità?

Le montagne, amiche dei curdi, devono a loro volta avere amici che le frequentino e le raccontino. Le loro voci risuonare fra i solidali e fino alle cancellerie, alle Commissioni, ai mezzi di comunicazione meanstream. Gli attivisti hanno quindi un ruolo unico e determinante e anche per questo il loro ingresso in territorio siriano, turco, iracheno è impedito in tutti i modi possibili, persino con arresti preventivi anche da parte dei paesi occidentali.

E tuttavia, anche bloccare una delegazione di solidali proveniente da diversi paesi europei e composta da centinaia di persone, come accaduto a giugno-luglio 2021 produce quel “rumore di fondo” che ostacola la possibilità di fare operazioni belliche su larga scala e mette governi e istituzioni occidentali nell’imbarazzante situazione per la quale “non possono dire di non sapere”.

Questa attività di documentazione si inserisce quindi in un processo finalizzato ad una attivazione consapevole e costante per salvaguardare un’esperienza unica e concreta di una società reale, faro che illumina la strada di possibili percorsi di costruzione di una società futura, mentre noi vagheggiamo da decenni quella possibile.

SCARICA IL DOCUMENTO


[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Goumier

[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Compagnia_militare_privata

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Academi

[4] https://russianpmcs.csis.org/

[5] I Protocollo aggiuntivo delle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1977, che lo definisce tramite 6 condizioni, tre positive e ed altrettante negative:
a) che sia appositamente reclutata, localmente o all’estero, per combattere in un conflitto armato;
b) che di fatto prenda parte diretta alle ostilità;
c) che prenda parte alle ostilità spinta dal desiderio di ottenere un profitto personale, e alla quale sia stata effettivamente promessa, da una Parte in conflitto o a suo nome, una remunerazione materiale nettamente superiore a quella promessa o corrisposta ai combattenti aventi rango e funzioni similari nelle forze armate di detta Parte;
d) che non sia cittadino di una Parte in conflitto, né residente di un territorio controllato da una Parte in conflitto;
e) che non sia membro delle forze armate di una Parte in conflitto; e (si noti, “e”)
f) che non sia stato inviato da uno Stato non Parte nel conflitto in missione ufficiale quale membro delle forze armate di detto Stato.

[6] https://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/interviste/intervista-del-ministro-di-maio-a-il-foglio.html

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *