Protesi in 3D per il Rojava: un progetto per un futuro migliore

Il contesto

La Staffetta sanitaria di Rete Kurdistan Italia è una struttura con un profilo principalmente operativo che dalla fine del 2014, mentre Kobane era sotto attacco da parte di ISIS, ha avviato la sua attività intervenendo, con una delegazione di medici ed infermieri, nei campi profughi di Suruc , in Turchia al confine con Kobane. Ha collaborato con i volontari curdi che gestivano i servizi sanitari e, in funzione di interviste ai responsabili delle strutture sanitarie, definisce un piano di intervento per rispondere alle emergenze delle migliaia di cittadini di Kobane rifugiati nei campi profughi.

Il Piano, nel giro di qualche mese diventa irrealizzabile, visto che a marzo dell’anno successivo ISIS viene vinta e Kobane torna una città libera, diventando un simbolo di una “nuova umanità” che nei cantoni siriani del Rojava porta avanti un progetto di democrazia avanzata, denominato Confederalismo Democratico, che ha l’ambizione di consentire ai suoi cittadini di vivere in una società in cui siano perseguiti e praticati la convivenza culturale e religiosa, la parità di genere, la solidarietà sociale e l’ecologia.

Prima lezione: le cose cambiano rapidamente e Staffetta deve essere molto flessibile per essere efficace.

Negli anni successivi, seguendo le richieste di MezzaLuna Rossa Curda e inventandosi modalità per “saltare gli ostacoli”, riesce a:

  • Raccogliere ed inviare medicine ed attrezzature;
  • Formare e inviare Staffette di medici ed infermieri;
  • Avviare progetti/iniziative per raccogliere ed inviare risorse economiche alla locale MezzaLuna Rossa curda fra cui l’organizzazione di un grande concerto a Roma, la produzione e distribuzione di una birra (chiamata “Azadì”, cioè Libertà).

L’ideazione e avvio del Progetto 3D

Se sei in una Ciclofficina popolare (fuori dai circuiti di mercato) e mentre sei là per riparare una bici, ti viene detto che con una stampante 3D “è facile” stampare protesi di arti a basso costo per rispondere a migliaia di persone menomate dalla guerra, oltre ad ammettere una profonda ignoranza sull’argomento non puoi che pensare che anche la sanità del Rojava deve giovarsi di questa opportunità.

Si costituisce quindi un gruppo di lavoro integrando le risorse di Staffetta con quelle di Ingegneria Senza Frontiere (sezione romana) e di altri spazi sociali come CentoCelle Aperte, Gruppo Avana (Forte Prenestino – Rm), Fab lab Buridda (Genova), Asc (Trieste). Insomma, abbiamo ingegneri, fisici, matematici, modellisti 3D e quindi il progetto viene presentato ai due co-presidenti (un uomo ed una donna come da “tradizione” nel Rojava) di MezzaLuna Rossa Curda durante una loro missione in Italia.

Il focus del Progetto viene individuato nel “trasferimento delle competenze per la produzione in loco di protesi per gli arti inferiori” e strutturato in fasi:

  • Auto-apprendimento del processo di stampa
  • Individuazione di modelli e test di stampa
  • Sviluppo degli strumenti finalizzati al trasferimento delle competenze attraverso: a) la messa a disposizione di file/modelli pronti per la stampa, b) la produzione di manualistica e materiale didattico; c) la produzione di un’interfaccia finalizzata a semplificare la produzione di protesi con le diverse misure;
  • A livello operativo si prevede di mettere a disposizione degli ortopedici locali una stampante 3D, un PC contenente i software, la manualistica ed i modelli;
  • Una missione in loco viene programmata per rendere operativa la trasmissione delle competenze.

Ora, se una cosa è complessa si può semplificare, il guaio è che se una cosa “è semplice” si può solo complicare (diciamo che è la seconda lezione appresa nel corso delle attività).

Considerato che solo alcuni di noi avevano una esperienza pregressa sulla stampa 3D, è stato necessario avviare un “laboratorio aperto”, in cui fosse possibile sviluppare un processo di auto-apprendimento e sperimentazione presso gli spazi di CentoCelleAperte in cui chi ne sa di più insegna. La prima “lezione” avviene presso un Fab Lab in inglese e in romano visto che i due insegnanti sono un ingegnere inglese e lo stesso gestore romano del Fab Lab. Viene quindi comprata1 una piccola e poco costosa stampante 3D, naturalmente cinese, che viene montata ed un primo test di stampa realizzato con successo nell’arco di qualche ora. Tuttavia, diventa subito chiaro che un conto è un generico test di stampa, un altro produrre modelli che prevedono la conoscenza di decine di parametri relativi ai modelli e alla stampa.

Per altro, alcuni fra i più esperti componenti del gruppo, nonostante i tentativi di operare a distanza, non riescono a seguire le attività e una parte dei volontari “professionals” sono spesso chiamati a svolgere attività all’estero per cui il progetto procede a singhiozzi.

La prima “lezione” presso un FabLab di Garbatella (RM)
Il primo modello di protesi

Il progetto interagisce con il mondo del freeware e i modelli vengono acquisiti principalmente esplorando quanto presente su una piattaforma on line (https://www.thingiverse.com/). Gli esiti delle sperimentazioni saranno messi on line, a disposizione di quanti intendono operare al di fuori dei circuiti commerciali.

Nonostante tutte le difficoltà, un primo modello di protesi di arto superiore viene realizzato, montato e inviato ai responsabili del laboratorio ortopedico (foto). Il modello ha numerosi vantaggi: costa 20€ invece di quello locale che costa 1.500€, è “facile” da produrre nelle diverse misure, anche grazie all’interfaccia, e da montare, consente una mobilità meccanica delle dita che si ottiene chiudendo il braccio su cui la protesi è montata.

Tutto bene quindi? Non proprio…. Dal laboratorio locale ci viene fatto notare che il colore della protesi e la sua forma, più vicina a quella di un robot che a quella di un essere umano, rende difficile la sua accettabilità, inoltre viene evidenziato che la gran parte delle menomazioni, provocate dalle mine vendute anche dall’Italia, riguardano gli arti inferiori.

Non ci perdiamo d’animo e troviamo un modello che presenta caratteristiche più antropomorfe, pur mantenendo tutti i vantaggi di una protesi stampata in 3D. Il nuovo modello presenta in effetti diverse e maggiori complessità rispetto al precedente. In primo luogo va stampato con un tipo di “filo” diverso dal precedente (dal più banale PLA al più performante PetG). Inoltre, mentre nel primo modello elastici odontoiatrici (caratterizzati da una forte resistenza) congiungevano le falangi, in questo caso è necessario stampare dei perni utilizzando un ulteriore materiale denominato TPU. Per circa un mese le prove di stampa non danno un buon esito, fino a quando non si riescono ad individuare i parametri di stampa corretti che vanno dalla temperatura del “letto” della stampante a quella dell’ugello che scioglie e produce, strato su strato, il modello, alla dimensione della base di stampa, alla quantità di riempimento del materiale, ai supporti necessari per gli oggetti in cui un lato pende verso il vuoto, ecc.

Componenti protesi stampate
Il modello antropomorfo

Un secondo modello, con caratteristiche antropomorfe, viene finalmente prodotto ed inviato e ci viene evidenziato che, nonostante i margini di miglioramento, anche questo potrebbe avere problemi di accettabilità da parte dei potenziali destinatari. In effetti, il locale laboratorio ortopedico importa dall’Europa ed assembla protesi di arti superiori che hanno il vantaggio di avere colore e dimensione molti simili a un braccio umano pur non consentendo nessun movimento e quindi una scarsa funzionalità in termini di reintegrazione sociale e lavorativa.

Un’altra lezione, che in effetti per la Staffetta non è affatto una novità, è che chi sta costruendo per davvero una nuova società non accetta “doni” se questi non sono integrabili nella propria “visione” che parla di autonomia, salute partecipata sanitari/pazienti, condivisione.

Il progetto viene quindi nuovamente riformulato in termini di:

  • Aumento dei modelli di protesi di arti superiori con la produzione di un terzo modello di carattere “estetico” che un nostro modellista ha messo a punto;
  • La precisazione che modelli “non estetici” possono essere utilizzati come protesi per i bambini (per i quali quelli tradizionali andrebbero sostituiti più volte con il crescere dell’età) o temporanei in attesa di impiantare modelli estetici;
  • La produzione di supporti, da utilizzare anche su Protesi estetiche, per scrivere, usare posate, ecc funzionali ad aumentare l’autonomia e l’integrazione sociale dei soggetti coinvolti;
  • La produzione di tutori con finalità ortopediche;
  • La produzione di componenti di protesi per gli arti inferiori, come l’invaso o una copertura estetica, posto che la parte inferiore della protesi è in metallo e le plastiche stampate in 3D non reggerebbero il peso.

Vengono individuati ulteriori modelli per integrare la gamma offerta e parte un articolato piano di stampa per testarne l’effettiva funzionalità e le eventuali criticità di stampa. Gli oggetti che usciranno da questa soluzione, oltre ai file pronti per la stampa conterranno le istruzioni per ogni tipo di platica utilizzato e per ogni parametro relativo al tipo di oggetto.

Nel corso di questa ultima fase, la Turchia ha invaso una parte del territorio siriano, compresa la città dove è insediato il laboratorio ortopedico. E’ noto che l’invasione è avvenuta con l’uso di truppe mercenarie islamiste e con un dispiegamento di armi ad alta tecnologia importate anche dai paesi UE, fra cui l’Italia mantiene il suo primato. Non sappiamo se la stampante 3D fatta pervenire al laboratorio ortopedico siaq stata bombardata, ma questo è evidentemente l’ultimo dei problemi. Noi andiamo avanti!

Sarebbe invece indispensabile che le persone che hanno la consapevolezza di cosa è in gioco, in termini di diritti e di umanità in un mondo interconnesso, si mobilitino nei propri campi di azione per impedire che questa importante ed unica esperienza nel medio-oriente venga schiacciata dagli interessi di pochi, in nome dei valori, ma quelli economici, che pervadono le scelte dei governi.

Il nostro progetto continua e insieme alla popolazione del Rojava resiste e il più recente riscontro va proprio in questa direzione: anche a prescindere dai suoi risultati immediati, la sua importanza sta proprio nel proiettarsi in un futuro condiviso in cui i popoli del Rojava e della Siria possano vivere finalmente in pace e nella propria terra, convivendo nel reciproco rispetto culturale e religioso e continuando a portare avanti tematiche che ci accomunano come la parità di genere, la solidarietà sociale, un’economia non nemica dell’ambiente.

Articolo a cura di Staffetta sanitaria di Rete Kurdistan Italia

1 Il progetto non può che dirsi low cost: è autofinanziato da Staffetta sanitaria, da Ingegneria Senza Frontiere anche attraverso specifiche iniziative. Le risorse sono utilizzate esclusivamente per le risorse materiali, stampante, filo e piccole attrezzature necessarie al montaggio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *